mercoledì 4 novembre 2009

Alleanze e distanze

Valle d’Oro (Francia), Estate 1520 – Alleanze e distanze

“Non vedete che fate vergognare nostra madre?”
Isabel fissò con occhi di fuoco Maria, la sorella, maggiore di lei di tre anni, che per l’ennesima volta la rimproverava aspramente. La piccola corrugò come suo solito le sopracciglia e mise il broncio.
“La mamma non si vergogna di me.” Sostenne ferma, dopo un po’. Quella volta non aveva fatto davvero nulla da indurre la madre a vergognarsi di lei: aveva riso di gusto, come tutti i presenti alla scena, quando il Delfino di Francia, reo di essersi pulito la guancia dopo il bacio ricevuto da Maria, venne atterrato dalla sorella stessa. Isabel non era davvero riuscita a trattenere una risatina, ma tutto il seguito, sia quello francese che l’inglese, aveva riso della scena così palesemente comica. Maria era stata fintamente rimproverata dal padre e Caterina era rimasta per un attimo sconvolta dalla reazione della figlia, ma tutto si era trasformato in un divertente fuori programma. Ora, che la colpevole di quell’azione venisse a lamentarsi con chi aveva soltanto riso della sua impudenza, era davvero troppo.
Mamà, mamà!!” Chiamò Maria, approfittando del passaggio della madre proprio in quel momento.
Sentitasi chiamare, Caterina congedò le sue dame ed entrò nella stanza dove si trovavano le due bambine.
“Dimmi, cielo.” Disse dolcemente a Maria, accarezzandole la guancia e scendendo con la mano sotto il mento, come faceva sempre.
Isabel, in un angolo, si sentì ribollire di gelosia. Adorava quel gesto che la madre le regalava ogni volta che la vedeva, facendola sentire unica. Mentre Maria organizzava la risposta, Caterina, che nel frattempo si era andata a sedere su una sedia accanto ad un tavolo, guardò la secondogenita, che continuava a stare in disparte. Le sorrise e poi piegò il viso da un lato, quasi a chiederle come mai non fosse venuta a salutarla. Subito Isabel approfittò dell’occasione e le si avvicinò. Caterina allungò le braccia verso di lei, la sollevò e la fece sedere sulle sue ginocchia, baciandole la fronte, in silenzio. La bambina si sentì al settimo cielo. Maria aveva ricevuto il dono di quel gesto speciale, ma a lei era toccato un regalo ancora più grande.
“Isabel ha riso prima, quando il Delfino è caduto..” Esclamò la primogenita, evitando accuratamente di ricordare il motivo della ‘caduta’ del povero bambino. “Ha proprio riso di lui.” Aggiunse.
Isabel la guardò stupita. Che ingiustizia stava mai dicendo? Non aveva riso di lui, ovviamente, ma della scena in sé. Come almeno un centinaio di persone, peraltro.
“Maria, Francesco non è caduto, o mi sbaglio?” La corresse immediatamente Caterina, e la bambina ebbe l’umiltà di abbassare lo sguardo, rossa di vergogna. Isabel sorrise fra sé e sé. Quel rimprovero le ci voleva proprio. Maria era di un’arroganza senza fine quando voleva, per non parlare di quanto fosse prepotente. Poi però i severi occhi chiari della Regina si posarono sulla sua secondogenita. “Tua sorella dice il vero, Isabel?” Le chiese con voce tutt’altro che accondiscendente. La bambina aprì la bocca per spiegare, ma la madre proseguì, ignorando il suo tentativo. “Non sta affatto bene ridere di una persona, Isabel. Dovresti saperlo, ormai, e molto bene.” Sentenziò, prendendola delicatamente per le braccia e depositandola a terra. Quel gesto era inequivocabile, per quanto il tono della voce materna non fosse collerico, né il suo volume alto. Isabel arrossì di vergogna, anche per non aver potuto spiegare le sue ragioni.
Prima ancora che potesse riprovare a spiegarsi, Caterina si alzò e la guardò, di nuovo in modo severo.
“Dovresti riflettere sul tuo comportamento e sui tuoi errori, Isabel..” Le disse, poi si voltò e uscì dalla stanza. Non vide gli occhi della figlia riempirsi di lacrime e non vide nemmeno la faccia sgomenta di lei, mentre la seguiva con lo sguardo e la vedeva uscire.
“Hai visto? Anche la mamma ti ha sgridato!” Riprese Maria, punzecchiandola ancora più crudelmente e passando ad un tu denigratorio e traboccante superiorità.
“Sei cattiva!” Urlò Isabel, al colmo della disperazione per non essere stata ascoltata dalla madre e della collera per la prepotenza della sorella. “Sei una strega cattiva!” Ripeté con più forza.
Maria non ci pensò su due volte e le assestò un ceffone sulla bocca, facendola cadere a terra, più per la sorpresa che per la forza del colpo in sé. Una dama che era lì fuori, al sentire lo schiocco dello schiaffo e poi il tonfo, si affacciò e vide abbastanza per capire. Richiamata, Caterina rientrò di corsa nella stanza. La vista degli occhi di Isabel, pieni di doloroso stupore, le strinse il cuore. Prima di andare da lei, però, si voltò verso Maria.
“Che non ricapiti mai più che tu alzi le mani su tua sorella!” Le disse furente. La bambina la guardò, terrorizzata dal suo tono di voce, ed annuì in silenzio. Poi Caterina si diresse da Isabel. Si accosciò di fronte a lei e la prese immediatamente fra le braccia, stringendola a sé. La bambina scoppiò in un pianto disperato, solo in parte dovuto allo schiaffo ricevuto.
“Non ridevo di lui, mamà.. Non ridevo di Francesco.” Riuscì a dire fra i violenti singhiozzi. Caterina capì immediatamente e la strinse ancora più forte. La consapevolezza di essere stata ingiusta verso Isabel e di averle negato il modo di spiegarsi, la fece stare malissimo. Per cercare di calmarla, le accarezzò dolcemente la schiena e girò il viso per baciarle la tempia e i capelli, ma quell’improvvisa dolcezza ebbe la sola conseguenza di far piangere ancora più forte Isabel. A quel punto Caterina decise di dedicare del tempo alla sua secondogenita.
Era da un po’ di mesi che aveva notato delle frizioni fra le due sorelle e negli ultimi tempi Maria stava esagerando. Spesso la chiamava in causa, non tanto per aiutarle a spiegarsi, quanto perché rimproverasse la sorella più piccola, o per farle notare le sue mancanze. A differenza di Maria, che era più astuta e smaliziata in queste cose, sebbene avesse solo dieci anni ed un carattere meno vivace e solare della sorella, Isabel era più taciturna e tendeva a tenere tutto dentro, nonostante il carattere in apparenza scanzonato. Quella apparente contraddizione la rendeva perciò il bersaglio perfetto per i colpi, non sempre innocui, della sorella. Caterina sentiva un legame speciale con la piccola e detestava punirla e rimproverarla, tanto più se sotto l’ ‘input’ a comando di Maria. La Sovrana in quella particolare occasione vide chiaramente la sottile e meschina crudeltà del suo comportamento e si decise a porvi un freno.
Continuando a tenere fra le braccia Isabel, si alzò e, senza degnare di ulteriore occhiata la primogenita, uscì dalla stanza.

Un dono del Cielo


Devo parte dell’ispirazione per questa Fanfiction a ‘The Portrait of the Unknown One’, una fanfiction che l’utente Lemondropseverus ha pubblicato sul sito Fanfiction (Link).
Il resto è, come sempre, opera mia.
La fiction è ambientata nell'Inghilterra di Enrico VII. Non segue necessariamente il corso 'veritiero' degli avvenimenti storici che tutti noi conosciamo.
I personaggi della fic, alcuni sono realmente esistiti, altri no.
Buona lettura, e commentate :) 



Londra, Marzo 1514 – Un dono del Cielo

“Coraggio, my lady, spingete.” Esortò Magdalene, l’esperta e anziana levatrice.
Caterina, stesa sul letto, era madida di sudore, dolorante e ormai del tutto sfinita. Le sue dame le erano intorno ed alle spalle e cercavano, ormai da molte ore, di darle forza e coraggio, e di sostenerla.
¡Madre de Dios!!” Gridava quando le forze glielo consentivano, invocando la Vergine e spingendo per fare uscire da sé la sua creatura.
Nonostante spingesse, assecondando le contrazioni, però, essa non usciva, e la Regina cominciava a perdere le forze ed a sentirsi del tutto esausta.
“Ecco, Maestà!! Vedo la testolina.” La incoraggiò Magdalene, vedendo finalmente spuntare un piccola chioma. Caterina spinse con tutte le sue forze, ed una contrazione, più dolorosa delle altre, le fece quasi perdere conoscenza. Vedendo la sua signora in difficoltà, la levatrice fece un cenno ad una delle dame, che si permise di dare dei piccoli colpi alle guance paonazze della Sovrana, per farla riprendere.
“Coraggio, Maestà.” Intimò decisa. “Questa creatura ha bisogno di tutte le vostre energie.. Un piccolo sforzo e potrete stringere fra le braccia il vostro tesoro.”
Obbediente come poche volte nella sua vita, almeno con una persona di condizione sociale inferiore, Caterina riprese immediatamente a spingere.
Il vagito, che quasi quindici minuti dopo inondò la stanza, venne accolto da tutte con una gioia enorme e dei grossi sospiri di sollievo. La Regina si abbandonò esausta sui cuscini, mentre lady Anne le asciugava la fronte con un telo pulito, e restò in attesa che Magdalene le portasse la sua creatura.
“E’ una bambina, Maestà..” Annunciò quest’ultima girandosi verso la Regina e reggendo fra le braccia un fagottino già in movimento.
Caterina chiuse gli occhi e scosse leggermente la testa. Proprio non riusciva a generare figli maschi. Poi il primo gridolino della figlia le inondò il cuore di gioia.
Subito venne chiamato il Re, che accorse al capezzale della moglie. Le baciò la fronte e, mentre tutte le dame e Magdalene uscivano discretamente, lasciandoli soli, guardò la bambina che proprio in quel momento aprì gli occhi, rivelando due gemme enormi e di colore grigio. Una mano della piccola si alzò andando a posarsi su quella di Caterina, e poi la figlia girò inconsapevolmente il viso verso di lei, fissandola adorante.
“Già fissa la sua mamma!” Esclamò Enrico, che certo non poteva sapere che la piccola non vedeva nulla ed era attratta unicamente dall’odore materno. “Bene, vorrà dire che Maria continuerà ad adorare me, e questa piccola peste si prenderà cura di voi.”
“Maestà, è del mio angelo che state parlando.” Ribattè Caterina, rimproverandolo per finta e lanciandogli un’occhiata. La Sovrana tornò con lo sguardo sulla bimba e, baciandole la testolina, mormorò.
“Che ne dite di Isabel Magdalene?” Chiese, mentre la piccola le stringeva la manina attorno al dito e la conquistava definitivamente.

martedì 3 novembre 2009

Chicago: ritorno alla vita.

Erano passate diverse settimane da quel giorno, ma Luka continuava a pensarci. Risentiva la voce della donna, il silenzio assordante di quello spiazzo, la sua voce, i rumori delle ginocchia dei guerriglieri sul terreno e quello delle armi e ogni volta aggiungeva qualcosa a quei ricordi, un’inflessione della voce, un rumore, un odore buono o cattivo. Era felice di essere al sicuro, nel “suo” ospedale, con Gillian che gli faceva da infermiera, gli amici che lo andavano a trovare di continuo e le forze che lentamente tornavano.
“Allora Luka, oggi la dimettiamo… può tornare a casa anche subito.” disse il dottor Gordon, che lo aveva seguito nella convalescenza ospedaliera, mentre firmava le varie carte per la dimissione.
“Quando potrò tornare al lavoro?” chiese Luka impaziente.
“Per quanto mi riguarda anche fra una decina di giorni; si metta d’accordo con la dottoressa Weaver, ma per me non ci sono impedimenti”rispose il medico sorridendogli.
“No, io intendo in Africa…. Quando posso tornare là!” disse Luka risoluto. Lo sguardo che il collega gli lanciò fu più eloquente di mille parole.

Africa, o dove tutto si ferma.

Ecco la mia prima fanficion. Prende spunto dalla serie televisiva americana "E.R. ". 
La vicenda parte dalla decima stagione, dal ritorno dall'Africa di Luka ma non seguirà troppo il filo che abbiamo visto in tv... è giusto una base per i personaggi e lo snodo centrale.



“Il est un homme de Dieu!! E’ un uomo di Dio!!”
La voce della donna risuonò nel silenzio spettrale di quello spiazzo. Luka poté sentire la canna della Magnum contro la fronte, o forse era quella di un AK 47; per la verità non era nemmeno sicuro di aver sentito il freddo metallo. Si costrinse a continuare a recitare la propria preghiera, ben sicuro che quella sarebbe stata la sua ultima azione.
“Oče naš, koji si na nebesima, se sveti ime Tvoje; dodi kraljevstvo Tvoje, budi volja Tvoja, kako na nebu tako i na zemlji. Kruh naš svagdanji daj nam danas, i otpusti nam duge naše, kao što i mi odpuštamo dužnicima svojim. I ne uvedi nas u napast, nego izbavi nas od zla.” continuò a tenere gli occhi chiusi, mentre il silenzio, rotto dalle sue parole e dal suo respiro quasi strozzato, si faceva via via più intenso….. e pesante. Poi un piccolo rumore, come qualcosa che venisse poggiato sul terreno o sulle sterpaglie dello spiazzo, poi un altro, un altro e un altro ancora. Erano i guerriglieri che, sentendo la sua voce e intuendo la sua preghiera, cominciarono a inginocchiarglisi intorno, levandosi dalle teste i cappelli sudici e deponendo le armi a terra.
“Il est un homme de Dieu!!! Il est un homme de Dieu!!” riprese a ripetere la donna a voce ancora più alta, stringendo il figlio tra le braccia, mentre Luka continuava la sua supplica.
“Kruh naš svagdanji daj nam danas, i otpusti nam duge naše, kao što i mi odpuštamo dužnicima svojim. I ne uvedi nas u napast, nego izbavi nas od zla.”
Si sentiva vacillare e le forze lo stavano per abbandonare, minato come era dalle febbri malariche che lo avevano tormentato per giorni interi, dalla fatica per la lunghissima e interminabile camminata, e soprattutto dalla terribile paura che quello potesse essere il suo ultimo istante su questa terra.

Primo post.......

Primo post.... che dire?, che scrivere?
Sì, sì. Lo so benissimo cosa state per dirmi.
'Che accidenti apri un blog/sito/diario/journal, e tutto quello che vi pare, se nemmeno sai come iniziare?'
Perfetto, ora sapete come sono.. niente entrate ad effetto, niente effetti speciali, niente di niente... :-)
D'altra parte non sono una scrittrice, nè mi vanto di esserlo..
Però mi piace scrivere... mi piace far uscire le idee, metterle su carta (che sia un foglio reale o virtuale come questo), fare in modo che tutto ciò che ho nella testa e nel cuore prenda forma, e vita al di fuori di me...


Cosa posterò qui? Le fiction che creo, invento e sgorgano dalla mia mente sempre in ebollizione. A voi il compito, spero non troppo amaro, di leggermi e commentare...
Siate buoni :-)))